Running inclusivo per il piacere di correre

Corsa e inclusività

Si parla molto di inclusività e diversity nella nostra società, a volte anche a sproposito, ma se ne parla poco con riferimento alla corsa. E non mi riferisco all’inclusività nei confronti di persone diversamente abili: quella esiste nel mondo dello sport e inizia anche ad avere una buona visibilità, fortunatamente! Mi riferisco a una visione della corsa più aperta, senza “barriere” e senza schemi fissi, che accolga tutti gli approcci alla corsa ed elimini ostacoli e pregiudizi nei confronti di potenziali nuovi runners! Al fine di aumentare la partecipazione di massa!

È vero che c’è stato un aumento del numero dei runners negli ultimi dieci anni (anche se è difficile misurare il movimento con numeri precisi proprio perché la corsa è libera!), ma tante più persone potrebbero correre e godere dei benefici fisici e mentali se ci fosse una narrazione più “a misura d’uomo” da un lato e meno legata alla misurazione del risultato dall’altro. E anche un po’ più di “educazione alla corsa” per chi inizia da adulto. Perché a volte si ha paura di chiedere un parere e ci si rifugia online, ma la rete non è la stessa cosa, non è come chiedere un consiglio a chi ne sa più di noi. A proposito, approfittate di Muoversi magazine per chiedere consigli!

Hobby o lavoro?

Quante volte mi sento dire: “Vorrei correre ma ho paura di arrivare ultimo/a”, “Ho provato a correre ma non sono portato/a”, oppure “Non vengo con voi a correre perché voi andate più forte e rallento il vostro ritmo”. Per non parlare di “il dottore mi ha detto che non posso correre perché…”. E anche “Non mi piace correre perché è noioso!”

La corsa è per la maggior parte di noi un hobby non un lavoro. Per tante persone correre sembra che sia un dovere e non un piacere! Come passione la corsa dovrebbe creare valore per la nostra vita, creare energia e non creare stress, senso di inadeguatezza, ansia da prestazione. C’è chi corre da più tempo, quindi magari è più bravo, e chi da meno; c’è chi ha doti fisiche naturali più marcate, quindi è più performante, e chi è meno dotato; c’è chi ha più tempo libero, quindi si allena e si riposa di più (il riposo fa la differenza!) e chi ha più impegni e meno tempo libero quindi fa come può. In fin dei conti siamo tutti uguali.

Ci sono mille modi per divertirsi correndo!

Sempre di più la narrazione della corsa, sui social media, ma anche nella realtà (lo vedo alle gare a cui partecipo), è basata su due “elementi” che rendono l’ambiente meno inclusivo e meno attraente di quello che vorrei. Questi due elementi che cambierei sono: il focus esagerato sulla misurazione del risultato/performance e la fatica estrema/sofferenza come strada obbligatoria, normalmente accettata, per raggiungere un obiettivo.

 

Stress o no stress?

Partiamo dalla fatica estrema. La fatica è parte integrante di un processo di miglioramento (in senso lato è parte della vita), ma non è l’ingrediente principale per migliorare. Stress + riposo = miglioramento! Non: stress all’infinito = miglioramento. Nella corsa, come nell’ambiente di lavoro, spesso passa il concetto che solo attraverso la fatica e il “soffrire” possiamo costruire qualcosa di buono. Lo trovo un messaggio poco sano. Cosa succede di conseguenza? Succede che tante persone naturalmente meno propense a faticare, di fronte a una insistente narrazione della fatica (guardate anche le immagini pubblicitarie che spesso sono usate) e del masochismo “autolesionista” di alcuni corridori sicuramente rimangono lontani dalla corsa.

Secondo me la corsa (e la vita), per essere completa, deve avere anche una forte componente di gioco/divertimento. Compresi gli allenamenti che, invece, sono spesso monotoni e votati alla misurazione e alla fatica come unica strada per il miglioramento. In questo modo come è possibile divertirsi? Correre nella neve è divertente, correre facendo a gara con gli amici, senza per forza dover aspettare una competizione per formalizzare una prestazione; correre facendo alcuni fartlek “naturali”. Ci sono mille modi per divertirsi correndo! Non cedete alla tentazione di pensare che “corsa = fatica” oppure “no pain = no gain”. Questa è una grande presa in giro, inventata per scopi pubblicitari e che ha fatto il lavaggio del cervello a tante persone. La corsa non è solo sofferenza. Vorrei convincervi che la corsa è anche divertimento! Basta approcciarla nel modo giusto con le persone giuste! Sforziamoci di sorridere quando corriamo!

Resilienza

Steve Magness, nel “Do hard things: Why We Get Resilience Wrong and the Surprising Science of Real Toughness” sostiene che abbiamo male interpretato la parola “resilienza”. L’autore dice che per raggiungere obiettivi importanti occorre rimboccarsi le maniche, ma con un approccio “più gentile”. Un approccio basato anche sulla consapevolezza e sulla vulnerabilità piuttosto che sul machismo e sullo stoicismo. Quindi, non cercare la fatica a tutti i costi, cercate il piacere nella corsa. In questo modo vi farete del bene e allo stesso tempo sarete in grado anche di raggiungere risultati importanti.

Quando ho iniziato a correre, vent’anni fa, non esistevano i super tecnologici orologi gps di oggi, c’erano i cronometri e i cardiofrequenzimetri; non esistevano neanche i social media. E quando partecipavamo alle gare, la classifica magari la vedevamo la sera o anche il giorno dopo. Oggi, invece, è una misurazione continua di tempi, di velocità, di numeri, che ormai sono diventati invadenti e noiosi. Il principale beneficio che dà la corsa non sono i numeri (a meno che non si sia deciso di partecipare alle olimpiadi), ma è come vi fa stare, come vi aiuta a superare un momento difficile o a esaltare un momento di gioia. Al contrario, per gli appassionati i numeri sono importanti. Peccato che spesso creino molte “barriere all’entrata” nei confronti di coloro che vorrebbero correre e sentirsi parte di una comunità, ma che per un motivo o per l’altro magari non riescono a correre sotto i 6’30”/km.

Non cercare la fatica a tutti i costi, cercate il piacere nella corsa.

La costante e assidua misurazione dei tempi crea un enorme senso di inadeguatezza e di ansia sia nelle persone che vorrebbero correre ma ancora non possono, sia nelle persone che corrono.

Ansia da prestazione

Parlando tutti i giorni con persone che corrono, entrando in confidenza con alcuni di loro, non sapete quante volte mi sia capitato di provare a sdrammatizzare e rincuorarle perché non si sentono all’altezza o hanno l’ansia da prestazione. Una passione come la corsa, che dovrebbe dare energia positiva, finisce per diventare una trappola che non fa crescere, anzi fa soffrire. E spesso non c’è nessuno in grado di dare buoni consigli, per cui non ci si sente adeguati.

“Da anni suggerisco una narrazione diversa della corsa:

la corsa è una medicina”

Spesso vado all’estero a gareggiare: qui vedo situazioni molto diverse (non è per essere esterofilo a tutti i costi). Anzitutto noto un pubblico sportivo molto più ampio ed eterogeneo che corre: persone con la pancia, persone fuori forma, persone vestite male. Se ne infischiano dell’apparenza e fanno ciò che li fa stare bene. Allora quali sono i miei consigli?

Correre, deve essere un piacere

Provate ad andare a correre qualche volta senza orologio, senza guardare i numeri, ascoltate il vostro respiro, entrate in sintonia con il vostro corpo e con i vostri passi, fermatevi a guardare il panorama se siete in un bel posto. Non abbiate paura di “rovinare” la media. Se conoscete persone che non corrono, invitatele a correre con voi, supportatele, motivatele, rassicuratele se si sentono “meno capaci” o meno prestanti di altri. Correre non deve essere sempre una gara contro il tempo, non deve essere sempre una sofferenza, deve essere un piacere! Il piacere è un ingrediente fondamentale per stare bene. Dopo la corsa tornate a casa e annotate le vostre sensazioni su un diario. E se avete piacere, condividetele con i vostri cari e anche con noi di Muoversi!

Articolo pubblicato sul n.2/2023 di MUOVERSI Magazine

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